GIORNATA MONDIALE
“Da quando è scoppiata la pandemia tutte le attenzioni sanitarie e anche mediatiche si sono spostate sulla gestione di questa grave situazione. E’ comprensibile ma questo non autorizza a dimenticare tutte quelle persone – tra le quali quasi 2 milioni di malati rari – che devono attraversare la pandemia con il fardello aggiuntivo di una patologia pregressa e che hanno oggi più difficoltà di quelle che avevano fino a due mesi fa.
Non solo, infatti, devono fare i conti con la propria malattia – che in alcuni casi li colloca anche tra le categorie ‘fragili’ nei confronti del virus – ma che oggi hanno seri problemi a fare le visite di controllo nei tempi stabiliti, ad accedere alle terapie – soprattutto se queste si svolgevano in ambiente ospedaliero – e in alcuni casi devono fare anche fronte ad una carenza dei loro farmaci abituali, che ora vengono impiegati anche per contrastare il coronavirus. Senza dimenticare poi che erano in corso fino a febbraio tutta una serie di processi – come l’aggiornamento del piano nazionale malattie rare e i lavori, annunciati e mai avviati, per l’aggiornamento del panel delle malattie da sottoporre a screening neonatale: si è fermato tutto e anche questo rappresenta un danno per i malati rari. Non sappiamo quanto durerà l’emergenza Covid, ma è chiaro che ad un certo punto occorrerà comunque tornare ad occuparsi dei malati rari: non farlo significa sacrificare queste persone sull’altare della lotta al Coronavirus”. Alla vigilia della XVI Giornata Mondiale dell’Emofilia che si celebra domani 17 aprile, è questo il commento di Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore dell’Osservatorio Malattie Rare.