In Toscana si cominciano a vedere i contraccolpi dell’epidemia Covid-19 su una denominazione che ha il suo primo mercato nell’area di produzione e i turisti esteri come clienti principali. Lì dove nasce la Doc Orcia (nella provincia di Siena), in gran parte iscritta nel patrimonio dell’umanità UNESCO, c’è un patrimonio enologico a rischi: sono 60 le cantine sparse in 12 comuni nell’area collinare fra le denominazioni del Brunello e del Vino Nobile, in una zona di grande vocazione nella produzione di vini rossi da invecchiamento (Buonconvento, Castiglione d’Orcia, Pienza, Radicofani, San Quirico d’Orcia, Trequanda, parte dei territori di Abbadia San Salvatore, Chianciano Terme, Montalcino, San Casciano dei Bagni, Sarteano e Torrita di Siena). Questa denominazione, conosciuta come “il vino più bello del mondo” perché si estende su un territorio integro, è a rischio.
«Oggi avere un solo mercato largamente prevalente, quello locale, e una sola tipologia di cliente, il turista, si rivela come un fattore di fragilità per le aziende della Doc Orcia che potrebbero subire maggiori contraccolpi commerciali rispetto alle altre denominazioni toscane – spiega il presidente del Consorzio di tutela, Donatella Cinelli Colombini – infatti per loro si sommano gli effetti della crisi nelle vendite del vino con i mancati introiti per l’affitto di appartamenti e per la ristorazione agrituristica che probabilmente resterà vuota». La politica ha il dovere di intervenire con decisioni governative tempestive perché il turismo viene costruito con mesi di anticipo.