Gajarda la Panarda. Il giovane Pantagruel, protagonista del primo romanzo scritto nel XVI secolo dal satirico francese François Rabelais, si starà preparando all’abbuffata. Almeno sulla carta, guardando anche solo il menù. C’è da scommettere che forza e appetito vi nasceranno spontanei davanti alle 50 portate previste nella Panarda 2.0 di matrice abruzzese. La versione è una chicca turistica da non perdere. Indicata per tutti, è l’esperienza più democratica che possiate vivere da ora in avanti in Abruzzo. Perchè è pensata come un viaggio tra i saperi e i sapori di questa Regione. Perchè rilancia e rivaluta piatti storici della tradizione gastronomica abruzzese. Rigorosamente con la supervisione dell’Istituto Alberghiero di Villa Santa Maria, che vanta fra i partner l’Accademia Italiana della Cucina, il menù della Panarda versione Ucci-Albani è un banchetto storico che ebbe origine nel ‘400. Chi è Ucci? Si chiama Claudio Ucci ed è un cultore della gastronomia made in Italy, ma in questa occasione anche il direttore del Consorzio Turistico Abruzzo Travelling che per conto della Camera di Commercio Chieti Pescara ha organizzato un tour alla ricerca delle bellezze della Regione. Il risultato? L’ha portato in scena Albani. Chi è Albani? Si chiama Danilo ed è lo chef che il 25 novembre scorso ha firmato a Città Sant’Angelo (Pescara) il debutto dello storico banchetto a La Casa del Gelso, una dimora storica dell’800 incorniciato da ulivi e gelsi in uno dei borghi più belli d’Italia.
ORGIA DI CIBI
La Panarda è una vera e propria orgia alimentare creata con una materia prima di primissima scelta che (per fortuna) è stata preservata prima dall’isolamento, poi da parchi e aree protette, e oggi da un turismo sostenibile. Ma qui, dove la terra di confine può apparire ruvida, proprio qui, dove talvolta i piedi tremano, mettete in conto almeno 4 ore di tour gastronomico rimanendo però seduti a tavola, anzi, in una tavolata con almeno una ventina di commensali. I vicini? Sconosciuti. Perché la formula della Panarda prevede l’estrazione a sorte dei posti a sedere. Guai ad alzarsi. Non per il vicino poco o troppo cordiale. No, bisogna finire tutte le pietanze nel piatto altrimenti c’è il guardiano di Panarda che ci spara (per scherzo) e ci appella come “traditori” per non aver finito il pasto. Ora la pandemia ha cambiato un po’ la formula del banchetto, ma ci si può alzare da tavola solo dopo aver sorseggiato due tisane che vengono proposte dopo aver assaggiato i crostini di campagna e la pezza di formaggio di vacca. Rispettivamente al 14imo e al 41° posto del menu.
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Tra arrosticini, crostini di ventricina teramana, lu capellone, le scrippelle ‘mbusse, il pollo alla franceschiello, la pecora alla “callara” di Maria, la sprisciocca e i sassi d’Abruzzo, la maratona alimentare corre via con il sottofondo musicale del Gruppo Orchestra Popolare del Saltarello che propone balli e canti a tema. Immancabile l’omaggio cantato a Sant’Antonio Abate, l’inno all’ulivo e altri brani che fanno della Panarda un tour tra i sapori decisamente esperienziale. Quale altra occasione se non poter viaggiare in Abruzzo rimanendo seduti a tavola, passando tra vicoli, storie e costumi da gustare con tutti i sensi. Il gusto: 50 portate. L’olfatto: gli odori non solo del “pane” e “lardo” dalla cui unione deriverebbe la parola “Panarda”. La vista: i piatti presentati dallo chef. L’udito: la musica dell’orchestra. Il tatto: quando si mangiano con le mani ad esempio gli arrosticini. Un’esperienza gajarda.