Che fine fanno il miliardo di mascherine usa e getta e circa i 500 milioni di guanti al mese che usiamo contro il Covid-19? Secondo stime di Legambiente, la produzione di questi rifiuti è di circa 70mila tonnellate annue, pari allo 0,23% di quelli urbani raccolti e smaltiti in Italia. Un quantitativo che può arrivare a 300mila tonnellate annue, tenendo conto di tutte le tipologie di dispositivi di protezione individuale, secondo i dati dell’Ispra. A trasformare questi numeri in una vera e propria emergenza è il loro abbandono.
Per questo Unicoop Firenze e Legambiente, con il patrocinio della Cabina di Regia “Benessere Italia” del Presidente del Consiglio dei Ministri, hanno promosso una campagna di comunicazione e informazione con gli obiettivi di sensibilizzare i cittadini sui danni all’ambiente causati dall’abbandono dei dispositivi di protezione individuale, monitorare i casi già significativi per facilitare poi interventi di pulizia, proporre alternative concrete e sicure all’usa e getta, rappresentate dalle diverse tipologie di mascherine certificate e riutilizzabili già presenti sul mercato e che sono disponibili in tutti i punti vendita di Unicoop Firenze a partire da oggi, con un allestimento dedicato nei negozi. L’iniziativa è stata presentata oggi in occasione della giornata mondiale degli oceani, insieme al vademecum “ECOproteggiamoci”, elaborato dall’associazione sul corretto uso dei dispositivi di protezione individuale dal virus Sars-cov-2 e sui rischi per l’ambiente causati dall’abbandono e dai traffici illegali.
Oltre alla possibile diffusione di microplastiche nei mari, un altro aspetto da non sottovalutare per quanto riguarda l’impatto ambientale di alcune tipologie di guanti (quelli forniti a soci e clienti dei punti vendita Unicoop Firenze invece sono in mater-bi, completamente biodegradabili, a impatto zero) e mascherine è l’utilizzo di alcune sostanze chimiche per il loro trattamento. I prodotti chimici utilizzati per la produzione di questi DPI non sono resi noti pubblicamente. Tra questi, l’acido perfluoroottanoico (PFOA), appartenente alla famiglia degli PFAS, è un agente chimico con proprietà repellenti, vietato a livello globale con la Conferenza di Stoccolma per la sua tossicità (colpisce fegato e tiroide) e per la sua capacità di dispersione. A questo divieto c’è però un’eccezione, proprio per il trattamento di prodotti sanitari. Un altro prodotto chimico che preoccupa sono gli ftalati, utilizzati per trattare prodotti in PVC come i guanti monouso, che quando vengono incenerite rilasciano inquinanti molto tossici e pericolosi. Tutte queste sostanze, se disperse nell’ambiente o gestite in maniera scorretta a fine vita, sono causa di un inquinamento molto esteso e pericoloso sia per l’ambiente che per l’uomo: possono contaminare falde, suolo e aria.
I rischi aumentano ancora se si considerano i dispositivi di protezione individuale che vengono utilizzati nelle strutture ospedaliere o nelle Residenze Sanitarie Assistite (RSA), che sono classificati come rifiuti sanitari pericolosi perché a rischio infettivo.